Addamo giornalista

di Salvatore Scalia


Per me è un onore presiedere la sessione pomeridiana di questo convegno dedicato ad un maestro, ad un amico e ad un grande scrittore, come Sebastiano Addamo, a cui per anni sono stato vicino in quanto è stato un assiduo collaboratore del quotidiano per il quale lavoro, "La Sicilia" di Catania; e debbo dire che provo un po' di emozione a parlare di Lui, proprio nei giorni vicini al Natale, perché erano giorni in cui tradizionalmente Sebastiano Addamo veniva a rendere una visita, una delle sue rare e discrete visite, in redazione.

Veniva al giornale "La Sicilia" e i primi auguri erano per un altro grande personaggio del giornalismo catanese e siciliano, il capo redattore Renzo Di Stefano, con cui aveva da anni un rapporto di stretta collaborazione, anzi di grande intesa e di profonda amicizia; si sentivano e si capivano attraverso il filo del telefono e quindi, l'occasione delle feste, l'occasione del Natale, era una di quelle rare occasioni di vedersi per parlare, per rinsaldare un rapporto. . .

    Dopo Renzo Di Stefano venivano di prammatica le visite agli altri, al Direttore, ai redattori più giovani, tra i quali c'ero pure io.

Per i redattori più giovani Sebastiano Addamo è stato un "maestro di stile": innanzitutto per la scrittura, che si adattava alle esigenze del giornale, e poi per la discrezione dell'uomo, per la sua riservatezza.

Il giornalismo è un mestiere di ego,centrici, lilla palestra di gente che vuoI mettersi m mostra. . . Eppure la discrezione e la riservatezza di Sebastiano Addamo, di questo scrittore famoso in tutta Italia, ci ricordava come fosse importante quella frase di Italo Svevo, il quale soleva dire: "…scrivere è necessario, pubblicare no!".

Da Sebastiano Addamo ha imparato tante cose una generazione di giornalisti siciliani, da uno come Lui, che ha collaborato a quotidiani importanti, quali "L'Ora" di Palermo e "La Sicilia" di Catania, un intellettuale abituato ad interrogarsi sul rapporto fra letteratura e giornalismo, tra il prodotto di mercato, dal destino effimero, e il mestiere di letterato, che all' effimero vuole sfuggire.

C'è un saggio nel libro Oltre le Figure, che s'intitola Lo specchio e l'immagine, in cui Sebastiano Addamo s'interroga soprattutto su se stesso, parlando di altri ma riferendosi in realtà a se stesso: dice che il problema è di saper "trasformare la necessità in libertà".

 

Il giornale è effimero, vive di cronaca e non di storia, impone delle regole, delle misure, una quantità di parole ben definite, insomma, impone delle necessità retoriche che possono benissimo trasformarsi in stimolo creativo; come dice lo stesso Addamo, infatti, il giornale anziché porsi come soggetto limitante e letterato può farsi promotore e coefficiente di creazIOne.

Quest’effetto, noi redattori de "La Sicilia", e Voi lettori di questo quotidiano, diffuso e apprezzato ormai non solo nella nostra Isola, l'abbiamo visto realizzarsi nello scrittore Addamo; sul quotidiano palermitano "L'Ora" e su "La Sicilia" di Catania abbiamo visto nascere racconti e saggi che, sè si inchinavano alle leggi del giornalismo da un punto di vista strutturale, trovavano un loro oltre, un superamento dell’effimero e del contingente, che li avrebbe fatti restare come testimonianza, come importante testimonianza letteraria, anzi una necessità più forte di quella del giornale avrebbe quasi costretto questi scritti a trasformarsi in libro. Sebastiano Addamo nel suo saggio analizza il quanto, cioè la quantità di parole necessaria a scrivere un articolo di giornale; dice che lo scrittore è limitato sul numero delle parole ma è libero di scrivere quello che vuole (tralascia però il "come si scrive" su un giornale, lo stile adatto al giornale). A tal proposito debbo dire che il suo stile era perfetto, perché secco, conciso, folgorante, fatto di frasi brevi e spezzate, ricco di punteggiature.

 

Un articolo di Sebastiano Addamo si poteva leggere nelle condizioni più impervie senza perdere il filo. Il suo stile derivava da quello "giornalistico" trasformato in letteratura e che aveva i "maestri" in scrittori americani come Saroyan, che tanto piaceva a VIttorini; era uno stile antiletterario che serviva, ed è servito, a creare una nuova letteratura. Sebastiano Addamo ne è stato sicuramente un erede diretto.

Infatti, quando negli anni '80 e '90, arriveranno come novità i "minimalisti americani", Addamo sarà preparato a riconoscere le proprie "affinità elettive".

soprattutto con il loro "padre", Raymond Carver; era uno stile maturato negli USA ma uno stile che veniva applicato alla perfezione anche da uno scrittore delle nostre zone, uno scrittore che è vissuto a Lentini, che è vissuto a Catania, che ha scritto su un quotidiano siciliano. In Addamo lo stile giornalistico, la necessità di una comunicazione diretta e immediata si è fatta saggistica e letteratura; Sebastiano Addamo ha smentito quella profezia di Borges, secondo cui "il giornalismo è la rovina della letteratura". In realtà il giornalismo ha dato una nuova linfa, ha rinvigorito il linguaggio per la descrizione del mondo attuale.

   Naturalmente ciò può avvenire, ed avviene, quando non si fa cattivo giornalismo e cattiva letteratura, ma solo quando, come diceva Sebastiano Addamo, quando "si trasforma la necessità in libertà".


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