B e n v e n u t o   n e l   s i t o    d e d i c a t o     a

sebastiano  addamo

(sito ufficiale)

 

(foto di F. Scianna)

 

 

(Catania, 18 febbraio1925 - Catania, 9 luglio 2000)

Sebastiano Addamo è una di quella persone che quando se ne vanno, oltre al dolore per la scomparsa di un amico, provocano un forte senso di rammarico. Rammarico per lo spreco dei tanti possibili incontri perduti a causa della distanza geografica che ci ha separato, ma per colpa anche alla distrazione con cui rinunciamo a tante cose umanamente importanti nei nostri rapporti con gli amici. Un rammarico tanto più acuto perché i ricordi dei tanti bei momenti della amicizia si affollano grati e importanti. Sebastiano a Milano, a Parigi, a Racalmuto, a Palermo, a Lentini, nello studio di Franco Sciardelli, a casa di Leonardo Sciascia, a discorrere, a ridere, a malignare, a condividere idee e passioni. A volersi bene, insomma.

Sono sempre stato un ladrone professionale di tutti i tesori cui i miei amici mi hanno sempre generosamente permesso di attingere. Sebastiano era in questo senso una vera caverna di Alì Babà. In Africa si dice che quando muore un Griot, un cantastorie, uno sciamano, muore una biblioteca. Sebastiano mi faceva l'impressione di essere non soltanto una sterminata biblioteca di libri letti, digeriti, capiti, i cui tesori regalava con mani bucate, ma anche di libri da lui scritti e ancora da scrivere, di bellezza e di senso. Me ne hai dato molto Sebastiano. Che peccato non avertene rubato di più e non potertene più rubare ancora!

F. Scianna 


La Sicilia insolita di Addamo

 


L’opera di Sebastiano Addamo un ponte con il  futuro 

 


			

			
(foto di P. Rugggiero)

Entrare nello studio-tempio di Sebastiano Addamo, scrittore della solitudine, rovistare tra targhe,premi, riconoscimenti, tra centinaia di cartelle dattiloscritte e appunti tracciati con scrittura fitta e minuta, recensioni e saggi critici pubblicati su riviste e quotidiani, esplorazioni su temi quali la solitudine, il silenzio, il giornalismo, la mistificazione, sfogliare tesi di critica letteraria, libri di narrativa, di poesie e metafore,leggerne alcune pagine, cogliere in esse l'etica dell'uomo e la grandezza dello scrittore è un momento che può esser vissuto come un atto rituale che eleva lo spirito fino a fare cogliere la sacralità della parola che si oggettivizza in luoghi e personaggi che vivono una realtà surrettizia, non vera, ma verosimilmente coincidente con l'inautentica realtà.  E sono veri i personaggi oscuri e ingenui o insigni e colti che Addamo ha ricreato con la sua scrittura elegante, -asciutta, che nulla concede al superfluo, con complicate operazioni di estrapolazioni, assembramenti, dislocazioni di frasi, ponendo cura a che nella dinamica del racconto risultassero coerenti con le essenze reali.  Tutti “piccoli dei» fatti rivivere in una vita ricreata da una parola di un «piccolo dio» cui il grande Demiurgo da lui disconosciuto ha fatto dono della divina scintilla del genio artistico.  Piccoli dei sono i professori Murgio e Toddi che lo scrittore stesso ha definito «due forme di isolamento, due forme di solitudine; nomadi che vivono essenzialmente in se stesse e di se stesse».  Sono uomini soli i personaggi di Sebastiano Addamo, solo è l'uomo scrittore in una società di massa che non ha occhi al di fuori di se stessa» e poiché Lui non ha mai battuto la grancassa sembra essersene dimenticata 'E non stupisce se nel suo studio-isola Addamo, attraverso la solitudine dei suoi personaggi, ha tradotto la propria solitudine e quella dell'umanità intera angosciosamente invischiata in intrighi e menzogne, folla di attori incompresi sullo scenario della vita, interpreti di parti che non comprendono.  Quasi presago del proprio destino di forzato esilio dal mondo e talvolta da se stesso, Addamo ha detto del professore Murgio, un personaggio dei suoi racconti: «e ora si trovava in un silenzio dà giudizio universale».  Quel silenzio ora lo avvolge come un sudario, lo tiene quasi sospeso in un vuoto fatto di assenza : di pensieri, di atti creativi.  Una grave malattia lo ha privato del bene più prezioso, della facoltà di coordinare i propri pensieri e tradurli in parole.  Eppure Addamo è più vivo che mai in tutta la sua opera letteraria che avrà certamente una storia e un futuro a dispetto del suo considerare la storia «un valore perduto».  Oggi nei suoi confronti c'è disattenzione, non si ha tempo di cercare l'assente, non ci si ferma a sfogliare l'agenda della memoria.  Addamo ne è stato sempre consapevole convinto com'era che «i mutamenti del nostro tempo sono diventati così rapidi e così fulminei, che fermarsi un istante può significare essere lontani come la stella di Sirio».  Ma anche se allo, scrittore il futuro non appare credibile, il poeta si è precostituito un ponte con il futuro.


Clelia Tomaselli

Gazzetta del Sud

venerdì  9  aprile  1999

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